Quadrivium

tra geometrie fluttuanti e tensioni cromatiche
Un campo astratto attraversato da vettori di colore e luce, dove il numero 4 emerge come fulcro armonico.
Un’esplosione cromatica di rosso, blu, giallo e bianco, attraversata da traiettorie dinamiche e simboliche.
Rappresentazione pittorica delle quattro vie del Quadrivium, con linee e colori che evocano l’ordine nel caos.

Quadrivium acrylic on canvas 70×100 cm – 2025

A prima vista, Quadrivium si impone come un’esplosione trattenuta, un’onda d’urto visiva congelata nel tempo. L’occhio è immediatamente catturato da un dinamismo apparentemente caotico: linee che si rincorrono, si respingono, si intrecciano in una danza centrifuga. I colori — rosso fuoco, blu profondo, giallo solare, bianco accecante — non sono semplici pigmenti, ma forze in movimento, energie primordiali. Non c’è riposo né centro visivo immediato: tutto scorre, tutto pulsa.

L’opera nasce come una libera reinterpretazione pittorica del celebre manifesto del Gran Premio di Monaco del 1931, realizzato da Robert Falcucci. Di quell’immagine rimane solo l’eco: un dinamismo frammentato e trasfigurato, un’icona storica scomposta e ricomposta in chiave astratta e simbolica. Il riferimento non è citazione, ma spunto iniziale per una ricerca visiva completamente altra.

Eppure, in mezzo a questo vortice, si staglia con autorità il numero 4. Non inserito, non apposto, ma inciso nella luce, come una rivelazione. È la chiave. Il suo posizionamento non è decorativo ma strutturale: il 4 è l’asse invisibile intorno a cui ruota la composizione. In molte culture antiche, il 4 rappresenta la Terra, la materia, la struttura. È il numero della stabilità, delle fondamenta — pensiamo al quadrato, alla croce, ai quattro punti cardinali, alle stagioni, agli elementi. È un numero che parla di limiti, confini, orientamento.

Nel pensiero esoterico medievale, il Quadrivium era il cuore del sapere superiore, formato da quattro discipline: aritmetica (il numero puro), musica (il numero nel tempo), geometria (il numero nello spazio), e astronomia (il numero nel tempo e nello spazio). Studiarle significava prepararsi alla comprensione del divino, attraverso l’ordine nascosto dell’universo. In questo senso, l’opera di DutyGorn non è solo un esercizio pittorico, ma un invito alla contemplazione del cosmo. Ogni linea può essere letta come una traiettoria energetica, un’orbita o un’equazione visiva. Ogni colore, una vibrazione, una frequenza.

Il quadro diventa allora un tempio astratto, privo di figure, ma colmo di simboli. È una soglia, più che una superficie. Un luogo dove l’osservatore non può restare esterno: è chiamato ad attraversarlo, a perdersi, a cercare il proprio orientamento. In questa dimensione, chi guarda Quadrivium non è più spettatore, ma viaggiatore, iniziato, navigatore di senso.

E il numero 4, in mezzo a tutto, è la mappa. Non guida in modo diretto, non impone una via. Ma suggerisce una struttura interna, una legge invisibile. Un’armonia che non nega il disordine, ma lo accoglie come parte di un disegno più ampio.

Quadrivium non racconta una storia lineare. È un campo di forze, un nodo simbolico, un frammento di cosmo dipinto. È il tentativo, forse impossibile ma necessario, di dare forma al movimento, direzione al caos, spazio alla conoscenza.