
Il tempo. Una concezione lineare, uno scandirsi di minuti, ore, decenni.
Nel cuore del distretto produttivo di Cicognara, prende forma un progetto culturale ambizioso: all’interno dell’azienda Pennelli Cinghiale, il CEO Eleonora Calavalle decide di ampliare la sede storica dando vita a un museo d’impresa. Nasce così uno spazio immersivo, un caleidoscopio di ricordi ed emozioni che racconta la storia del marchio attraverso oggetti, immagini e memoria condivisa.
Per guidare questa impresa creativa, l’azienda affida il progetto all’artista Guido DutyGorn, incaricandolo della realizzazione delle opere, installazioni e della curatela dell’archivio storico del museo. È da qui che prende forma il Museo del Tempo, uno spazio in cui arte, memoria industriale e storicità si fondono, restituendo nuova voce ai luoghi del lavoro.
Pennelli Cinghiale ha scelto di riavvicinare le persone all’arte, riportandola non nei musei austeri e distanti, ma tra i reparti, i macchinari, i gesti quotidiani del lavoro. Un ritorno all’essenziale, dove la cultura non è un lusso, ma uno strumento per leggere la realtà, creare comunità, stimolare nuove energie.
Lo spazio dell’azienda si fonde con le opere e le installazioni. DutyGorn decide di non costruire una semplice esposizione, ma un percorso esperienziale, fatto di linee, pennelli e opere fisiche che dialogano con la struttura industriale e con il tempo.
Le opere non si osservano solo da lontano, si attraversano, si vivono. Come il tempo, non si fermano in un punto, ma scandiscono minuti, ore, decenni. Ogni installazione è pensata come un varco emotivo, un passaggio che unisce memoria e futuro, gesto e materia, industria e poesia.
Pennelli dismessi, scarti di produzione, archivi cartacei e visivi si trasformano in elementi narrativi. Il passato non viene solo celebrato: viene reinventato, reinterpretato, rilanciato. La fabbrica, l’ingresso, le sale riunioni, le pareti: in questo processo non sono più soltanto spazi funzionali al lavoro, ma diventano corpi vivi in continua evoluzione.
Le opere:

Immaginate di entrare nell’ingresso principale del Museo del Tempo.
Alzando lo sguardo, vi accoglie “Upside Down”, una grande installazione sospesa che trasforma il soffitto in una parete orizzontale viva, fatta di centinaia di pennelli.
Con un profondo senso estetico e concettuale, l’opera lavora sul contrasto tra passato e futuro, tra uso e riuso, dando nuova forma e valore a strumenti ormai consumati. I pennelli che compongono l’installazione sono gli stessi utilizzati per la realizzazione del museo: ora non più strumenti di lavoro, ma materia poetica, elementi di un racconto collettivo.
Come racconta l’artista DutyGorn, autore del progetto:
“È frutto di una minuziosa ricerca estetica su colori, dimensioni e materiali.
L’obiettivo è portare le persone dentro l’opera, evocando emozioni e ricordi legati al gesto e al colore.”
Upside Down non si limita a decorare: invita a immergersi, a riconoscere, a rivedere il tempo da una nuova prospettiva.
Upside Down – Installazione – 2022
Continua il viaggio all’interno del Museo del Tempo. Seguiamo le linee tracciate nello spazio: indicano un percorso fisico che ci guida in avanti, ma ci trasporta indietro nel tempo.
Il cammino inizia con la visione di tre opere Retouché – Markers su vetro, 60×80 cm – dove immagini in bianco e nero raccontano il legame storico tra Pennelli Cinghiale e lo sport. Queste fotografie d’archivio vengono reinterpretate in chiave futuristica: i tratti a marker attraversano le superfici come segni luminosi nel tempo, evocando un passato che è ancora profondamente presente.
Le opere ci accompagnano verso la Room Machine, una sala in cui ogni oggetto del passato viene destrutturato e riassegnato, proprio come accade con il tempo stesso. Ad accoglierci, un macchinario storico per la produzione di pennelli, che nel museo si trasforma in narratore della propria storia e di quella dell’azienda. Al suo interno è incastonata una cinepresa, da cui scorrono immagini e materiali d’archivio, visioni che ridanno voce alla memoria industriale.
Dal video al suono, la Room Machine è un’esperienza immersiva, dove il passato incontra fisicamente il presente e interagisce con lo spettatore. Un vecchio telefono completa l’installazione: sollevare la cornetta è come aprire un portale sonoro.
Al suo interno, una voce dal passato vi condurrà nella narrazione di una vecchia réclame radiofonica: voci e personaggi storici che hanno accompagnato l’azienda nel corso degli anni.
Le linee scenografiche dello spazio sono studiate per generare una distorsione temporale: ogni passaggio crea un senso di déjà vu, un ritorno familiare verso ciò che è stato, un gioco del tempo che altera il nostro rapporto con lo spazio, la memoria e la percezione.




È nella Hall che lo spettatore capisce, come un Déjà Vu, che tutte le opere, tutti gli spazi e gli ambienti partono e convergono da un’opera di oltre 5mt.
Come tutto il museo, anche l’opera è un’installazione scomposta da cui partono e in cui convergono tutte le linee che hanno fatto da guida agli spettatori: è qui che ha origine la distorsione temporale che distorce anche i volti raffigurati nell’opera. Il cambiamento del tempo influisce anche sul cambiamento della persona stessa che si evolve, si trasforma, non è mai la stessa.


Il Museo trasforma spazio e tempo, tanto che anche gli esterni dell’edificio diventano essi stessi arte. Come lancette di un orologio che scandiscono il tempo, le linee che hanno tracciato il percorso escono dalle mura, sfondano il soffitto per unire passato-presente-futuro, anche al di fuori del Museo, nella vita di ogni giorno.



Il murale, intitolato “Time Mirror”, si trova lungo la facciata dello stabilimento produttivo di Pennelli Cinghiale di Cicognara, visibile da via Milano 222.
Le linee riprendono il percorso che Duty Gorn ha realizzato anche negli ambienti interni di Pennelli Cinghiale, formando così un percorso tra interno ed esterno: sono studiate per creare una distorsione temporale, un dejàvu, in cui il futuro ritorna con familiarità verso il passato, un gioco del tempo che disturba il continuum dello spaziotempo. Le linee colorate tagliano la superficie e si intersecano fra loro come raggi di luce che si dispiegano nello spazio oltrepassando i bordi per proseguire idealmente all’infinito. Creano un caos controllato in grado di generare un forte impatto estetico, che si rivela una pacificante soluzione al disordine del reale che ci circonda.
Il volto femminile, vero protagonista del murale, cattura l’attenzione dell’osservatore e lo trasporta nella propria dimensione vibrante di lampi di luce ed energia vitale, in un equilibrio perfetto con le linee di colore della superficie.
